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Sono andata a Jenin e quel che ho trovato lì ha davvero cambiato la mia vita. Non ho mai incontrato così tanta inumanità, così da vicino, né ho mai assistito al tipo d’amore che le persone dimostravano a Jenin.
Queste sono le parole di Susan Abulhawa, autrice del romanzo Ogni mattina a Jenin, pubblicato in Italia da Feltrinelli. Abulhawa pronunciò queste parole durante un’intervista del luglio 2011, rilasciata per il canale youtube di Feltrinelli Editore. Nulla può descrivere meglio il suo romanzo, un libro che vi smuoverà sentimenti d’amore e di rabbia. Ogni mattina a Jenin è la storia di tre fratelli: Yussef, Isma’il e Amal. Un grande romanzo corale, che racconta la vita di quattro generazioni, in cinque paesi, durante più di sessant’anni. Ovviamente, come si può intuire dal titolo stesso, le vicende narrate prendono vita principalmente nel campo profughi di Jenin. Il campo di Jenin nacque dopo gli scontri del 1948, per accogliere i palestinesi sfollati o scappati dalla guerra. Ma questa storia affonda le proprie radici molto più lontano nel tempo, è la storia della famiglia Abulheja, che da svariate generazioni abita la Palestina, e che è costretta ad andarsene dalla propria casa, dalla propria terra.
Conosciamo i fatti grazie alla voce di Amal, erede di un grande patriarca. Attraverso i propri ricordi e i ricordi altrui, che le sono stati narrati, Amal ci racconta una storia fatta di abbandoni, speranze, violenza, amore e morte. La sorte ha voluto che i suoi due fratelli, Yussef e Isma’il, diventassero nemici. Isma’il infatti fu sottratto all’abbraccio della propria madre, e venne cresciuto come un buon cittadino israeliano, da una famiglia emigrata dall’Europa dopo l’Olocausto. Yussef invece decide di perorare la causa palestinese entrando a far parte dell’Olp. Accomunati da una somiglianza incredibile, i due fratelli sono destinati ad incontrarsi e a combattersi.
Ogni mattina a Jenin è un romanzo che vi ammalierà con splendidi paesaggi, profumi inebrianti e legami indissolubili. Susan Abulhawa riesce perfettamente ad amalgamare storia nazionale e storia famigliare, senza mai scadere in un trattato politico. Ci permette di conoscere il volto più umano della Palestina e dei palestinesi, lasciando uno spiraglio di speranza per una fratellanza futura: Amal, Yussef e Isma’il non riescono a vivere come fratelli, ma i loro figli si ritroveranno sotto lo stesso tetto.
Ad un certo punto del romanzo, Susan mette in bocca ad Amal queste parole:
La nostra rabbia è un furore che gli occidentali non possono capire. La nostra tristezza fa piangere le pietre.
Eppure questo non è un romanzo disperato, ma una storia che contiene amore in diverse forme: intenso come senso di appartenenza, legame verso la propria terra, amore per i propri figli.
Una romanzo da leggere per comprendere meglio un conflitto irrisolto, che da anni devasta una terra fertile e antica.
Image Source: Diletta Cecchin – Feltrinelli