Quando, nel 1980, da una costola del gruppo Max Mara nacque il marchio Marina Rinaldi, non erano in molti a poter immaginare che quella per le taglie comode sarebbe diventata una vera e propria battaglia culturale. L’ideale di una bellezza “standard”, infatti, sembrerebbe essere sul viale del tramonto, pronto a lasciare spazio (progressivamente) a un concetto ben più ampio e sfaccettato che si esprime, sui social e non, con il termine body positive. Lo promuovono le influencer (sono circa 12 milioni i post attualmente contrassegnati dall’hashtag #bodypositive) e le celebrities, con superstar del calibro di Rihanna che portano da anni qualche chilo e qualche curva in più con orgoglio (e nel suo caso “trasferiscono” questo stile nelle collezioni Fenty). Ed è un mercato che si è evoluto mutando forma, mettendosi spesso al centro del dibattito politico. Merito di personaggi come Ashley Graham, tra le modelle più note del mondo, in prima linea contro il body shaming, forma odiosa di bullismo indirizzato al corpo femminile. è proprio lei a presentare la collezione Red Carpet Capsule Diva Divina di Marina Rinaldi: otto look sofisticati, pensati per le grandi occasioni. Lamé, broccati sbalzati a mano, drappeggi in satin che scivolano sul corpo, di qualunque misura esso sia. I tagli verticali esaltano la femminilità e muovono le forme: un vestito a sirena rosso fuoco con mantella in voille, un tubino fasciante di pizzo, un abito in broccato impalpabile con uno spacco vertiginoso, un total black con maniche velate. Oro, porpora, verde smeraldo. Un’altra prima volta di un marchio che già quaranta anni fa aveva dimostrato di saper vedere lontano.
Image Source: @ashleygraham