Antonio agognava un cambiamento,e quel lavoro sarebbe potuto essere un buon inizio, ma gli si rivoltava lo stomaco all’idea di abbandonare ciò che aveva. All’idea di abbandonare quei polmoni catramosi, quelle dita sporche di grasso e polvere, quegli occhi carichi di oscenità a cui avevano dovuto assistere. In fondo non possedeva niente, neanche se stesso, forse. Ma pur di tenerselo stretto, quel niente tanto rassicurante, avrebbe rinunciato a qualsiasi altra cosa.
Come si legge in questo piccolo estratto, la fame di riscatto e la paura di abbandonare quel che si ha o si conosce, anche se misero, vanno di pari passo. Di questo parla Gli affamati, romanzo di Mattia Insolia, pubblicato dalla casa editrice Ponte alle Grazie. Un romanzo che ricorda la generazione dei Cannibali Italiani, una corrente letteraria sviluppatasi negli anni Novanta, su cui non a caso Insolia ha scritto la tesi di laurea. In particolare possiamo ritrovare la forza di Niccolò Ammaniti e di Isabella Santacroce, la violenza delle storie di Simona Vinci.
Due fratelli, Antonio e Paolo, diciannove anni il primo e ventidue il secondo. L’arida provincia italiana, casermoni di cemento e povertà di prospettive. Sono questi i protagonisti e lo scenario dove vanno in scena le vicende narrate ne Gli affamati. Antonio e Paolo vivono soli da quando la madre se ne è andata, scappando da un marito violento, e il padre è morto ubriaco schiacciato dal televisore in cucina. Antonio deve frequentare l’ultimo anno di scuola superiore, Paolo lavora come manovale in un cantiere. Di soldi, in casa, ne girano pochissimi, il minimo per sopravvivere e comprare alcolici scadenti in cui affogare le speranze di un riscatto. Antonio e Paolo hanno creato un sodalizio fraterno, un’alleanza per resistere alle brutture del mondo. Però entrambi covano dentro un disagio tremendo, che in Antonio si esprime attraverso la tristezza, in Paolo per mezzo di atti violenti. Il loro tacito patto si rompe in una torrida estate, nel momento in cui la madre riappare nelle loro esistenze, provocando un susseguirsi di eventi che porteranno alla morte.
Gli affamati è un romanzo breve, che si articola in un unica grande capitolo, fatto di vie, volti, parole, fatti. La scrittura, lapidaria e fluida, spinge il lettore ad immergersi totalmente nella storia come fosse in apnea. Non manca la tensione narrativa. Infatti, fin dalle prime pagine, sappiamo che al termine della narrazione uno dei due fratelli morirà violentemente. Antonio o Paolo? Perché? Questo ci tiene col fiato sospeso fino alla fine.