Piccole goccioline d’acqua avvolgono tutto, confondendo i particolari, offuscando la vista. Tutto è vago, sfocato, anche i ricordi di Alice. Qualcosa emerge nei sogni, una mano che cerca di afferrare la sua, per salvarsi.
Così prende avvio Nebbia, il giallo di Chantal Guzzetti, edito da Albatros. Abbiamo incontrato per voi l’autrice, ecco cosa ci ha raccontato del suo libro!
- Ciao Chantal, anzitutto grazie per aver deciso di condividere con noi il tuo romanzo. I genitori di Alice, la protagonista di Nebbia, sono rimasti vittime di un terribile omicidio avvenuto a Croveo, piccolo paesino di montagna dove la coppia aveva deciso di ritirarsi per godersi la pensione. Dove affonda le radici questa storia? Da dove è nata l’idea di scrivere un libro e in particolare un giallo?
Questa storia nasce anni fa insieme alla mia smania di scrivere, il desiderio di creare un’opera che calzasse con le mie capacità descrittive. Quando feci un corso di scrittura creativa, al fine di sentirmi solo più adeguata, al pro di spronarmi e smettere di avere paura di buttarmi in questa nuova avventura, mi dissero che il metodo migliore, per cominciare, sarebbe stato scrivere di ciò che conoscevo; il mio libro poteva trattare dell’ambiente in cui lavoravo o per il quale avevo preso un diploma, magari la laurea; avrei potuto essere appassionata di un argomento in particolare e averlo studiato a fondo. Io sono assistente alle vendite in un piccolo negozio e a tal proposito avrei scritto della satira; avevo pensato a un argomento sarcastico su domanda e offerta, tuttavia dopo poco mi resi conto di amare qualcosa di molto più semplice e che i miei occhi conoscevano bene quell’argomento. Avendo una penna descrittiva, mi trovai entusiasta nel descrivere Croveo e il paesaggio che circonda questo paesino di montagna, dove i miei genitori avevano comprato casa (la casa che nel libro appartiene ai genitori di Alice). Poi, in un periodo di crisi uscii dalla doccia e lo specchio appannato palesò la mia confusione interiore; da qui nacque il titolo del libro: nebbia. Dunque ora avevo il titolo e l’ambientazione, e credo di aver solo immaginato la protagonista vagare per i sentieri tra gli alberi per vedere la storia crearsi un po’ da sola e poco per volta. Persino i personaggi si sono presentati e hanno mutato atteggiamento mentre scrivevo, questo grazie a un dialogo messo qui e una risposta brusca piazzata là.
- A causa di una brutta caduta, avvenuta mentre Alice partecipava alle ricerche della madre scomparsa, la ragazza ha perso completamente la memoria, eppure qualcosa di quello che è avvenuto emerge dai sogni che la protagonista fa e dalla sensazioni che sente. Che significato ha la perdita della memoria? Ti capita di aver paura di dimenticarti completamente del tuo passato?
Io ho una pessima memoria. Questo mi permette di dimenticare, perdonare, e forse soffrire meno, ma vivo un po’ nella foga di appuntare tutto e ricordarmi di guardare ciò che ho annotato. Triste ma vero. Eppure non ho problemi particolari, se non un conflitto interiore con il mio lato iper organizzativo che litiga con quello che non si ricorda di fare ciò che ho programmato. A parte questo, vivo molto serenamente le mie paure, che sono più o meno quelle di tutti; ho le sensazioni e i sentimenti che fanno capolino quando serve, e quando proprio non occorre, a farmi ricordare qualcosa di bello e, a volte, doloroso. Alice sente questo. Potrà non ricordare, ma il subconscio le regala ricordi tramite odori, ad esempio; lei sa che qualcosa non va, ci metterà solo un po’ di tempo a ricongiungersi con la realtà. Capita a tutti, senza avere anche la sfortuna di vivere un trauma forte, è questo che capita a volte: si rimuove ciò che fa male per non vedere e non soffrire.
- Grazie a un diario, Alice scopre che in realtà coi genitori stava vivendo momenti difficili, con scontri continui. La madre e il padre avrebbero voluto che rilevasse la libreria di famiglia, ma Alice sognava di proseguire con gli studi. Fino a che punto le aspettative dei famigliari possono influenzare la nostra esistenza?
Non so quanto influenzino gli altri, sicuramente hanno messo la mia vita sullo stesso binario che hanno costruito i miei genitori. Io ho ereditato il loro lavoro e se mi chiedessero come è successo, sapendo che non era nelle mie corde, direi che non ne ho idea. Il concetto chiaro, è giusto, a casa mia era: o studi o lavori! Ho lasciato la facoltà di psicologia e io giorno dopo servivo clienti in negozio con il peso, soprattutto negli ultimi anni, di essere all’altezza del loro operato stando anche dietro ai tempi che cambiano e alla mentalità delle persone che muta con l’avvenuto della tecnologia alla portata di tutti. Come fare lo stesso risultato, se non migliore, con mezzi e atteggiamenti differenti? Difficile, davvero. Dura anche scrollare di dosso la mentalità piuttosto comune del Abbiamo sempre fatto così, senza rischiare di fallire.
- In Nebbia sono raccontate le differenze tra la vita di città e quella in un piccolo paesino di montagna. Meglio l’anonimato delle grandi metropoli o la confidenza che si instaura tra gli abitanti dei piccoli centri?
Lavorare sullo stereotipo è abbastanza semplice, una confort zone che all’autore serve per far arrivare meglio un messaggio. Il mio era chiaro: De Simone è sempre stato solo e chiuso in mezzo a un moltitudine di persone. In realtà trova omertà persino in un piccolo paese in mezzo alle montagne, dal principio, è la Giulia che lo accoglie meglio di altri (per i suoi fini) e che si fa sfuggire qualche confidenza, in realtà l’ispettore si apre pian piano a una vita nuova per la necessità di entrare in empatia con gli abitanti di Croveo e solo dopo capisce che da questo trae beneficio. Io lavoro a Milano e devo dire che quando esco dal negozio per andare al bar passo il tragitto a salutare persone, non direi che Milano è una città chiusa per chi sfoggia un sorriso e cammina a testa alta. Vedendola da un altro punto di vista, una persona chiusa non fa entrare nemmeno la luce dalle finestre di casa sua.
- Infine, Alice è una grande lettrice, come probabilmente lo sei anche tu. Ci consigli un libro per l’estate?
Definirmi grande lettrice è farmi un complimento e illudermi che prima o poi riuscirò a leggere quanto davvero dovrei e vorrei. Tra la casa, il lavoro e la scrittura trovo tempo per i libri degli altro solo sul treno e a volte prima di dormire. Tuttavia io mi sono appassionata alle opere di Joel Dicker da qualche tempo. Le trovo stimolanti, scrittura fluida e trama che ti fa dimenticare di cenare. Tra l’altro stimo molto la sua tecnica narrativa e la costruzione del romanzo. Io in valigia metterò Il richiamo del cuculo, che non credo di riuscire a terminare entro fine settimana e sicuramente due libri di due autrici emergenti, mie amiche. Sicuramente porterò anche un libricino che mi hanno consigliato: Il libro delle porte, ma non so cosa spettarmi.
Grazie Chantal Guzzetti per aver condiviso con noi un “pezzetto di te”! Ti facciamo un grande in bocca al lupo per il tuo romanzo d’esordio Nebbia la cui nostra recensione, Cari Lettori, uscirà giovedì. E voi, amate i Thriller?! Qual è il titolo che vorreste avere nel cassetto e quello che, invece, vi ha colpito maggiormente?