Un’interruzione volontaria di gravidanza è un diritto, me l’ha insegnato mia madre. Ma a quella madre, che ho esercitato questo diritto non posso dirlo. Lo so che è un diritto, e ci credo come fosse una fede. Eppure, quando è successo tutto quello che è successo, e anche da molto prima, quando finalmente mi sono decisa e ho provato ad avere un figlio, per anni, quando non arrivava mai, il pensiero di quei due bambini è diventato costante. Questa tragedia, non ho potuto che concludere, io me la sono meritata.
Quando, mesi fa, è uscito Cose che non si raccontano, il nuovo libro di Antonella Lattanzi, edito da Einaudi, se ne è parlato molto. Io ne scrivo solo oggi, perché per settimane prima e mesi poi, era indecisa se affrontare la lettura o meno. Esistono cose che si raccontano e Cose che non si raccontano? Nonostante apparentemente oggi si può parlare di tutto, credo che comunque nella nostra società esistano ancora temi tabù, come la morte, la malattia e sicuramente l’aborto e l’infertilità. Lattanzi ha preso il proprio vissuto personale e l’ha trasformato in libro, parlando a tutte quelle donne che come lei soffrono o hanno sofferto, alla ricerca di un figlio che non arriva.
Prima a diciotto anni e poi a venti Lattanzi ha abortito due volte. Non era il momento, non era l’uomo giusto, non se la sentiva di diventare madre così giovane… poco importa la ragione, ha esercitato un diritto che la legge le garantisce. Quando poi però a quarant’anni in lei è sorto forte, dirompente il desiderio di maternità, questo desiderio è rimasto insoddisfatto. Anni di tentativi, PMA e infine una gravidanza trigemellare, rarissima e rischiosissima, che si è conclusa con la morte dei tre feti e per poco anche la sua.
Cose che non si raccontano è un libro doloroso, sincero, sofferto. È un libro che non si può consigliare o non consigliare, sui cui è impossibile esprimere un giudizio. Il lettore non può fare altro che accogliere questo racconto/confessione con l’animo disposto all’ascolto e non al giudizio, pronto a ricevere addosso tanta sofferenza. Eppure lo ritengo un libro necessario, proprio perché toglie il velo da due di quei tabù di cui vi ho inizialmente parlato. Un libro necessario per l’autrice che l’ha scritto e per noi che lo abbiamo letto. Lattanzi, con coraggio e voce critica, accende un faro sulla condizione femminile come nessuno prima di lei ha fatto. Racconta il desiderio, la solitudine, il rimorso, la paura, l’amicizia, l’ambizione lavorativa. Racconta la vita.
Image Source: Einaudi – Pixbay