Mostrami il tuo giardino e ti dirò cosa sei. – (Alfred Austin)
Quanto abbiamo bisogno del verde nelle nostre vite? E quanto è rilassante e rigenerante stare in mezzo alla Natura?!
Spesso non ce ne rendiamo conto, troppo assorbiti come siamo dalle nostre vite frenetiche e dai nostri mille impegni che ci portano ovunque, tranne che connessi con noi stessi. Riappropriarsi della propria dimensione privata è fondamentale per il benessere e questo può essere incentivato dal contatto con vivai, giardini, spazi verdi.
Non per niente, si sente spesso dire che “il verde è terapeutico”: abbiamo incontrato Cinzia Petito, giornalista e Green-sitter.
- Ciao Cinzia, tu sei giornalista e divulgatrice. Come sei diventata esperta del verde?
Non smetterò mai di essere e fare la giornalista, inoltre la mia nuova professione mi permette di divulgare e condividere le informazioni riferite al settore del verde, dell’ambiente e dell’ecologia con una passione rinnovata. È stato circa tre anni fa che ho sentito distintamente convivere in me un’altra anima dirompente: il pensiero di trovare il modo per vivere tra le piante e i fiori mi destava giorno e notte e ho cercato di trovare il modo per farlo. Torno indietro un attimo.
Sono nata e cresciuta fino all’adolescenza fuori Milano e la natura ha sempre accompagnato la mia quotidianità. I campi di pannocchie, le cascine, la campagna, i giardini delle villette a schiera, i balconi sempre fioriti. Un microcosmo verde che mi è rimasto negli occhi ed evidentemente nel cuore.
Dopo più di dieci anni in televisione passati a fare l’inviata in tutta Italia e coordinando redazioni sempre diverse, un giorno mi sono fermata. La frenesia e il tempo da mangiare a morsi per rincorrere le notizie non mi appagava più, avevo bisogno di tornare al contatto con il tempo reale, lento, scandito dalle stagioni. Per mesi ho passato ogni ora libera nei vivai vicini a casa e finalmente mi sono riappropriata del mio respiro. È stato evidente che quella sarebbe stata la mia nuova dimensione.
Con grande coraggio e determinazione, non senza paura ma con enorme entusiasmo mi sono iscritta al corso di progettazione di spazi verdi della Scuola agraria del Parco di Monza. Mesi interi di formazione quotidiana in aula, otto ore al giorno di lezioni e confronti, storie e suggestioni con professionisti agronomi, paesaggisti, botanici, tecnici. Ho nuotato in questo mondo nuovo, ho studiato anche di notte, assorbendo qualsiasi informazione di cui ho fatto tesoro. Per potermi dare una nuova identità professionale dovevo essere competente, credibile, pronta. Una volta dato l’esame non mi sono più fermata e le piante sono diventate il mio appuntamento quotidiano, il mio respiro naturale.
- A Milano gli spazi verdi sono pochi ed è raro il privilegio di avere un giardino, come accade in provincia. Come risolvi questo problema?
Milano è la città nella quale vivo con mio marito, dove lavoriamo entrambi come giornalisti e che è diventata anche il mio terreno preferito dove progettare e realizzare spazi verdi: Milano ne è piena, ma non si vedono, non li ostenta. Il verde in città è nascosto dietro ai portoni, dentro i cortili, sui terrazzi e i ballatoi, tra le bocche di lupo dei sottotetti, sulle scale dei condomini o nei piccoli balconcini e affacci dei palazzi liberty, sui davanzali. La Milano verde è dentro, devi scoprirla. Per questo è ancora più affascinante. Non solo perché ci sono piccoli giardini sospesi nel cielo da togliere il fiato, ma anche perché per chi progetta come me, trovare soluzioni in spazi piccoli e rinnovare angoli sterili con vita e colore è una soddisfazione immensa. Quando i clienti mi chiamano non immaginano l’energia e il valore che anche solo pochi metri quadrati di verde possono regalare alle loro case. Giocare con le piante e anche con gli arredi, con i vasi, i materiali, gli smalti, le ceramiche, le palette di colore, coordinare il gusto interno con l’esterno e creare una continuità visiva tra dentro e fuori può addirittura far percepire più grande la propria abitazione. Provare per credere.
- Cosa pensi dell’impatto di fiori e piante sull’umore delle persone, il cosiddetto “verde terapeutico”?
Il benessere psico-fisico che deriva dal rapporto diretto con la natura ha una validità scientifica. Su questo non ci sono dubbi. Durante il mio percorso di studi in progettazione di spazi verdi ho dedicato molto tempo all’approfondimento dei giardini terapeutici. Una delle mie professoresse, Maria Cristina Besana, esperta di healing gardens e tra le poche a realizzarne in Italia, ha colto la mia sensibilità e mi ha spronata affinché sfruttassi le mie competenze giornalistiche per cominciare a parlare dell’efficacia scientifica del verde sul benessere delle persone. Negli Stati Uniti e nel Nord Europa nessuna progettazione di struttura sanitaria ma anche civile viene presa in considerazione in una gara pubblica o privata se nel disegno non è considerato uno spazio verde. Purtroppo nel nostro Paese se ne parla ancora poco, chi come me spinge a una riflessione politica e civica rispetto all’importanza di incentivare lo sviluppo e la valorizzazione di spazi verdi condivisi, supportandone con dati scientifici l’efficacia non solo sulla salute ma anche sulla sostenibilità del territorio e delle metropoli, si scontra con un forte scetticismo e un gap culturale ancora da colmare. Anche se il Comune di Milano si è dimostrato molto sensibile e lungimirante, tanto che in uno dei giardini condivisi della città, insieme al Professor Giulio Senes della Facoltà di Agraria dell’Università degli Studi di Milano, abbiamo avviato la progettazione di un giardino terapeutico (meglio definirlo healing garden) dedicato a un’associazione che si occupa di donne vittime di violenza. Comunque il dramma della pandemia e il lockdown forzato hanno avuto un ruolo positivo perché ci hanno insegnato quanto sia importante poter godere del contatto con la natura e dei suoi benefici. Per questo non perdo la motivazione e la determinazione nella mia attività di divulgazione. Non solo, nelle abitazioni dei miei clienti non perdo occasione per creare una piccola routine terapeutica che loro stessi possono replicare oppure una sollecitazione di benessere visivo anche solo attraverso l’utilizzo del colore.
- Qualche piccolo consiglio per chi non ha il pollice verde: come non rinunciare alle piante, senza fare danni?
Tutti possiamo circondarci di piante e la natura è così generosa che si adatta a tutte le tasche e a tutte le inclinazioni. A chi non ha il pollice verde o non ha tempo da dedicare alle piante consiglio di acquistare piante che hanno bisogno di poche cure. Le piante grasse e succulente all’esterno e i pothos all’interno sono capaci di grandi effetti scenografici a bassi costi e zero pensieri. Questo solo per fare un esempio, ma il consiglio più grande che posso dare è di iniziare con una pianta sola e affezionarsi a quella. L’appagamento che ne trarrete sarà così grande che avrete voglia di accoglierne altre nella vostra vita.
- C’è un personaggio, un artista, uno scrittore, una filosofia a cui ti ispiri nella progettazione degli spazi verdi?
Il mio stile è sicuramente inspirato dal colore. Sono convinta che l’utilizzo del colore possa svoltare anche le situazioni più difficili o nelle quali con le piante non si possono fare grandi azzardi per problemi di spazio o di luce. Quando parlo di colore non intendo solo il colore delle fioriture delle piante ma anche il grosso aiuto stilistico che possono dare gli arredi, i vasi, le fioriere. Per me il colore è tutto e visto che la mia cifra stilistica è il mix&match, l’accostamento di colori pieni e contrastanti mi aiuta spesso a definire il valore estetico di un progetto.
Il mio riferimento su tutti è Henri Matisse. I suoi quadri e l’utilizzo del colore sono una fonte di grande ispirazione per me, i colori primari accostati per creare attenzione, la possibilità di poter inserire tutto senza rinunciare a niente perché nelle scelte cromatiche c’è sempre una motivazione profonda e anche tecnica che ci aiuta a creare un messaggio. Un altro pittore contemporaneo che amo e che con i suoi quadri intensi di colore ha riempito il Moma di New York è David Hockney. Il colore è la mia guida insomma. Nei miei progetti inserisco sempre piante mediterranee resistenti nella memoria per i loro colori accesi e definiti. L’arredo dei vasi e delle fioriere è contaminato dai colori delle ceramiche siciliane, in particolare quelli che si trovano nelle pennellate dei colori eoliani, mia terra d’adozione. I blu, i turchesi, i rossi, i gialli, i verdi che risaltano sui bianchi e il legno. Mi ispiro a queste intensità di colore ma mantengo un tratto decorativo essenziale, pulito, quasi sempre privo di grafismi. In questo lascio emergere il mio tratto moderno e metropolitano, il resto è colore puro. Mi piace giocare tra le palette di colori ma senza eccedere nelle decorazioni. Il risultato deve essere sempre equilibrato, elegante, raffinato seppur evocativo di un mondo.
Colore ed essenzialità delle linee, questo è il mio stile. Perché il colore non è solo vita ma è anche terapia.
Grazie Cinzia Petito, provo quotidianamente su me stessa che il contatto constante con la Natura mi rigenera e mi pulisce la mente. Spero di aver dato uno spunto positivo alle nostre lettrici, per far sì che anche loro si avvicinino a questo mondo e ne traggano beneficio!
Coltivare il giardino ci macchia le mani, ma ci pulisce la mente. – (Ramon Eder)