Recentemente, noi della redazione abbiamo fatto, un po’ per gioco e un po’ per lavoro, uno shooting fotografico professionale, allo scopo di rivelare alcuni aspetti di noi come gruppo, ma anche caratteristiche personali che ci contraddistinguono come singole. L’esperienza è stata molto divertente, sicuramente illuminante, ma anche insolita e non banale: non è facile “mettersi a nudo”, sebbene metaforicamente, davanti ad una fotocamera. Non è facile ammettere di non essere perfette: quel kg di troppo, quelle discromie sulla pelle che nemmeno il trucco copre perfettamente, i capelli sempre un disastro…
Abbiamo allora deciso di incontrare chi dell’introspezione ritrattistica ha fatto il suo lavoro: Alessia De Gasperi, veneta di origini e graphic designer di formazione, ha aperto il suo atelier Atipica Photography a Padova.
Grazie alla sua determinazione e al suo talento nel vedere oltre, è diventata in poco tempo fotografa ritrattista e offre un’esperienza tailor-made alle donne che, per svariati motivi, si rivolgono a lei.
- Ciao Alessia, quando e come ti sei avvicinata alla fotografia?
Ciao Federica, che meraviglia potermi raccontare qui! Grazie d’avermi tra le vostre pagine.
L’amore per la fotografia è stato simile ad un colpo di fulmine: ho incominciato a praticarla mentre facevo la graphic designer, anche se ne ero sempre stata affascinata. Capii velocemente che non sarei riuscita a liberarmi di questa mia nuova ossessione, decisi di studiare con una fotografa di Los Angeles (in differita, ahimè!) che è l’eccellenza nel ritratto glamour femminile “per persone qualunque” – leggasi, non modelle.
In due anni sono passata dal non aver mai preso in mano una macchina fotografica vera e propria a fare del ritratto fotografico il mio lavoro. È stato un percorso intenso, impegnato, pieno di momenti di entusiasmo e altri in cui avevo la sensazione d’aver fatto una scelta insensata. Ma a tutt’oggi non riesco ad immaginare di fare altro, adoro poter raccontare le persone attraverso la mia lente.
- Descrivi il tuo approccio ai clienti nella tua “boutique fotografica”.
Il lato “boutique” del mio lavoro è tutto incentrato su due cose: la qualità del servizio e tempo che dedico alle mie clienti, e il lato frivolo e femminile dato dagli abiti dell’atelier e dello styling (senza frivolezza, che divertimento c’è?).
Trovo sia un privilegio che qualcuno decida di affidarsi a me per essere ritratta al meglio, e per questo dedico ad ognuna delle mie clienti diverse giornate in esclusiva. Voglio capire cosa cercano davvero, anche se spesso in principio nemmeno loro lo sanno, e studiare uno styling e un approccio fotografico che sia perfetto. Dagli abiti ai colori. Quando una donna è davanti alla mia lente, per me lei è l’unica in quel momento, la mia intera giornata è dedicata al raccontarla! E poi ho una quantità di abiti vintage e particolari che ho raccolto con la scusa di utilizzarli per la fotografia. Quando si arriva a quel punto del percorso, anche la più insospettabile si scoglie nel vedere le enormi gonne di tulle che ho creato.
- Oltre ad essere fotografa, sei un po’ psicologa, giusto? Come riesci a scoprire quale aspetto della personalità far emergere attraverso l’obiettivo?
Questo è al contempo uno degli aspetti più complessi e appaganti del mio lavoro. Passo molto tempo con le mie clienti prima di arrivare al giorno dello shooting, e ho con loro lunghe conversazioni nel corso delle quali scelgono spesso di confidare aspetti di sé difficilmente intuibili. Piccoli segreti di donne che custodisco con grande senso di privilegio. Il segreto è questo: chi viene a farsi ritrarre porta a casa una serie di bellissime fotografie, ma il motivo profondo per cui una donna sceglie di venire da me ha sempre a che fare con l’introspezione, o meglio, il tentativo di esternare nell’aspetto qualche caratteristica profondamente importante del loro animo.
- Anche noi di The Opinion Leader abbiamo recentemente fatto uno shooting professionale! Per me è stata la prima esperienza e devo dire che non è stato facile. Ti capita spesso di avere clienti che non siano “portate” per posare?
Nessuna delle mie clienti sa posare! E, quando ci si trova l’obiettivo puntato addosso, è naturale irrigidirsi. Fortunatamente, ho studiato con l’insegnante migliore. La mia mentore ha fatto del posare “non modelle” il suo cavallo di battaglia. Io non sono ancora ai suoi livelli, ma del resto lei fotografa da trentacinque anni.
Dalla mia, io ho la capacità di creare una grande sintonia con chi sto ritraendo, e dall’altra ho costruito un buon bagaglio che mi aiuta a guidare le mie clienti nella posa, creando immagini armoniose senza la rigidità della posa costruita.
- Se dovessi rappresentare te stessa in qualche scatto, quale aspetto vorresti rivelarci?
Ah, il famoso dilemma del fotografo fotografato. Mi sono costretta ad una terapia dell’autoritratto per capire cosa si prova a vedersi in fotografia, e devo dire che mi ha aiutata molto. Ora, se dovessi rifare gli scatti che mi rappresentano – e devo, davvero! – vorrei raccontare il lato luminoso di me: quello che ama la connessione della sorellanza e la bellezza del contatto con storie di donne e uomini che altrimenti non avrei mai la possibilità di ascoltare. E mi ritrarrei molto più sorridente, anche se il sorriso mi fa sentire vulnerabile. Del resto, sto vivendo l’indubbia fortuna di aver fatto della mia passione anche il mio lavoro!
Grazie Alessia, per la simpatia e disponobilità con cui hai risposto alle mie domande! Se volete anche voi farvi ritrarre o saperne di più sui servizi di questa magnifica fotografa visitate la sua pagina Facebook oppure il suo profilo Instagram!