Abbiamo già affrontato il tema della sostenibilità nella moda. Un tema importante, che si basa sul rispetto della Natura e sull’utilizzo di materiali prodotti con materie prime coltivate in modo eco-friendly e seguendo processi che riducono al massimo gli sprechi e l’inquinamento. Non solo le grandi firme del Fashion System devono percorrere questa strada: anche noi nel nostro piccolo possiamo fare molto, sia come consumatori consapevoli, sia come piccoli artigiani! Quest’ultimo è il caso di Elena, creatrice di Vagamente Retrò, un progetto dalla forte impronta etica ed ecologica. Incontriamola!
- Come sei arrivata a dare vita a questa attività?
Vagamente Retrò è nata in un periodo particolare della mia vita, di cui non ho mai parlato pubblicamente ma penso possa essere interessante fare scendere il velo su questo tipo di problematiche. All’epoca, nel 2015, soffrivo di ansia e attacchi di panico. Avevo la necessità di controllare le mie emozioni che talvolta mi sovrastavano (da buona creativa sono anche molto emotiva). Ho trovato pace nel cucito e nella progettazione stilistica. La creatività è stata la mia cura e alla fine, la mia ansia era solo dovuta ad una necessità di rallentare e trovare la mia strada.
Qualche anno prima mi ero laureata in Moda e Costume a Roma, con una tesi sperimentale sulla moda etica e sul green marketing. Come regalo per la laurea magistrale avevo chiesto una macchina da cucire. Quella macchina è poi diventata la mia migliore amica in quel periodo buio. Quello che era nato come un hobby è iniziato a diventare un lavoro, visto che le amiche e conoscenti mi chiedevano sempre più spesso abiti e accessori per loro.
- Quali sono i pilastri etici di Vagamente Retrò?
Sono sempre stata molto vicina alla natura e a temi sociopolitici, ma mi sono avvicinata ai temi etici appena iniziata l’università, circa 15 anni fa, dapprima su temi legati alla cura del corpo e all’alimentazione e poi nell’ambito del mio lavoro: la moda. Quindi era fisiologico che la mia attività avesse una forte impronta etica, non solo in termini di ecosostenibilità ma anche in termini sociali.
Per quanto riguarda i tessuti, quindi, utilizzo fibre naturali e certificate, possibilmente da piccole realtà artigianali o da recupero di collezioni di grandi stilisti, nell’ottica del riuso. Collaboro anche con alcune preziose realtà artigianali in India, che realizzano fibre filate e tessute a mano con tecniche antiche, portando avanti progetti di riqualificazione territoriale e sociale, garantendo uno stipendio equo ai lavoratori (realtà che in questo periodo di post emergenza mondiale è indispensabile sostenere). Ad esempio la seta che utilizzo è di origine indiana, chiamata Eri silk o ahimsa silk (seta pacifica) una particolare tipologia di seta che viene lavorata solo dopo lo sfarfallamento dei bachi, che così non vengono uccisi. Credo che queste attività siano delle piccole perle che è necessario valorizzare.
- L’eco printing e la tintura naturale sono arrivati negli ultimi anni, come evoluzione ultima del mio percorso. In che cosa consiste l’eco printing?
L’eco printing consiste nello sfruttare il potere tintorio delle piante e degli elementi naturali per tingere i tessuti. Infatti alcune piante possiedono la caratteristica di poter tingere. Attraverso il contatto con le foglie, umidità e una fonte di calore, le foglie rilasciano la loro impronta sul tessuto creando dei bellissimi motivi decorativi.
Sebbene la tintura naturale sia una pratica antichissima, l’ecoprinting è piuttosto recente, portato in auge da artisti tessili come India Flint. L’eco printing è un’arte che segue i tempi della natura e insegna lo stupore e la sorpresa. Ogni creazione è unica, non solo perché le foglie sono necessariamente diverse, ma perché non è possibile determinare l’esatto colore della foglia, dato che influiscono moltissimi fattori ambientali della pianta.
È un processo che ci insegna a tornare a ritmi lenti e cadenzati, a non affrettare le cose. Il tessuto deve essere lavato e poi mordenzato. [La mordenzatura serve ad aprire le fibre per permettere al colore di attecchire.] Dopo essere stato tinto e stampato, il colore sarà fissato sempre con metodi naturali.
- Qual è il tuo target?
Questo tipo di abiti è rivolto a donne autodeterminate, libere e fiere, anche di una ruga in più o di un capello bianco che spunta. Donne che vivono in comunione con la natura e amano sentirla addosso (come una stola che profuma di zafferano o di curcuma!) Sono donne che hanno capito che possono fare la differenza nel mondo attraverso le loro scelte di acquisto, dando il giusto valore ad un capo di abbigliamento artigianale.
- Cosa pensi del futuro della moda sostenibile?
Nel profondo io sono una grande sognatrice. Credo fermamente nei progetti di moda sostenibile e vedo un forte fermento: ormai seguo questo movimento da più di dieci anni e i cambiamenti sono palpabili. C’è un sentimento non solo di voler cambiare il mondo in meglio, ma di cooperazione e collaborazione fra realtà emergenti. I workshop e gli speech intorno a questo tema sono all’ordine del giorno e i consumatori sono sempre più consapevoli. Il futuro per la moda sostenibile secondo me è roseo, ma la vera domanda è: qual è il futuro per la moda che si ostina a non essere sostenibile?
Grazie Elena, hai gettato luce su un tema che sempre più preme per venire a galla: siamo convinte che la sostenibilità sia necessaria alla moda per la sua stessa sopravvivenza!