Per un autore come Matteo B. Bianchi, che ha sempre riversato nei romanzi il proprio essere, vivere e scrivere non sono due atti separati, ma indissolubilmente legati. Serve audacia a prendere la propria storia personale, trasportarla nelle pagine di un libro e poi cederla ai lettori. Ci vuole coraggio quando si raccontano episodi felici del proprio passato. Ancora più coraggio, una certa dose di fegato misto a fiducia nella capacità altrui di accogliere questa storia, quando si trasforma in romanzo l’episodio più buio della propria esistenza. Da tutto ciò nasce La vita di chi resta, l’ultima opera letteraria di Matteo B. Bianchi, pubblicata da Mondadori.
Autunno 1998. Una telefonata. Quando tornerai a casa non ci sarò più. Sono queste le ultime parole che S. rivolge a Matteo. Un lapidario addio che potrebbe confondersi con una comunicazione di servizio, se non fosse per quel più alla fine della frase. La storia tra Matteo e S. è ormai finita e S. sta portando via le sue cose dall’appartamento che condividevano. Purtroppo però quando Matteo torna a casa, appena apre la porta, scopre che S. si è tolto la vita. Immediatamente comprende che quelli sono e saranno per sempre gli istanti più dolori della sua vita. Attimi che più di vent’anni dopo si trasformeranno in un libro, La vita di chi resta.
Nei mesi e negli anni successivi a questa perdita, Matteo inizierà un viaggio alla scoperta della rabbia, del dolore, del senso di colpa, dello smarrimento. Scoprirà che i parenti o i compagni di chi si è tolto la vita vengono chiamati sopravvissuti. Esistono pochissimi studi al riguardo, praticamente nessun gruppo di ascolto specifico, il suicidio è un’onta, una vergogna privata e sociale, da tenere nascosta. La decisione di scrivere La vita di chi resta, dopo quasi venticinque anni, che gli sono serviti per trovare la giusta distanza da questo terribile evento, è stata presa anche per gli altri, per chi si trova ad affrontare lo stesso dolore.
Se scrivo questo libro a frammenti è perché dispongo solo di quelli. Dovessero chiedermi cosa c’è di vero in questo libro, risponderei, senza esitazione: tutto. Afferma lo stesso autore in una pagina de La vita di chi resta.
E infatti ci troviamo di fronte a un libro che non è esattamente un romanzo, ma un memoir, caratterizzato da una scrittura molto frammentata, da capitoli brevi, brevissimi (a volte poche righe), da fatti che non vengono narrati in ordine cronologico, ma in maniera sparsa nel tempo. Il tutto però con una lingua semplice, limpida, la definirei quasi dolce. Da questa lingua traspare accettazione e perdono. Ultima nota sul titolo, a mio avviso riuscitissimo: perché alla fine, dopo aver toccato il fondo, c’è ancora vita in chi resta.
Image Source: Mondadori – Matteo B. Bianchi – Unsplash