C’erano una volta Kim Kardashian, Beyoncè, Gigi Hadid e altre splendide modelle e influencer che con orgoglio compongono la Balmain Army, un esercito di testimonial che sfoggiano con disinvoltura i capi della maison francese. In un certo senso ci sono ancora queste figure, ma la stessa disinvoltura è stata ‘rubata’ da Margot, Shudu e Zhi, ovvero le nuove modelle virtuali che il direttore creativo di Balmain, Olivier Rousteing, ha scelto per dare vita al Balmain’s New Virtual Army, che affiancherà quello in carne ed ossa. Come ha spiegato lo stesso Rousteing:
queste ‘modelle’ digitali rispecchiano la bellezza, l’individualità da rockstar e il potere della sicurezza che abbiamo visto sulle passerelle di Balmain e nella nostra ultima campagna.
Una scelta che di certo ha fatto parlare l’intero mondo della moda. Ma chi sono queste ‘ragazze’? Il trio nasce dal talento del fotografo Cameron James Wilson, già padre della “prima modella virtuale al mondo”, come si definisce Shudu sul proprio profilo Instagram. L’abbigliamento che le modelle CGI (computer-generated imagery) indossano è stato realizzato invece da CLO Virtual Fashion Inc., azienda che ha sviluppato uno dei più efficienti software presenti sul mercato per la prototipazione virtuale nell’ambito fashion. Ognuna di loro incarna la diversità presente nel mondo reale quando si parla di bellezza femminile: Shudu, già testimonial per Fenty Beauty, linea di cosmesi lanciata da Rihanna qualche mese fa, con la pelle color ebano e lo sguardo magnetico ha saputo conquistare il popolo del web, che la ricambiano con oltre 140mila “segui” sul social più popolare al mondo. Le origini di Zhi sono invece asiatiche, come si deduce facilmente dal taglio degli occhi. Look decisamente rock e labbra piene, anche l’Asia sta guadagnando uno spazio notevole all’interno del mondo della monda, non solo per quanto riguarda i consumatori ma anche a livello di testimonial, come di recente ha fatto anche il brand italiano di lingerie Intimissimi. Margot, invece, è il simbolo della bellezza parigina, dove viene fondata Balmain nel 1946 – caschetto biondo cenere e grandi occhi celesti da vera femme fatale. L’idea di base è dunque un’inclusione della bellezza femminile a 360 gradi, che si apre nuovi orizzonti culturali ed estetici al fine di inglobare le diverse etnie esistenti. La scelta di Rousteing ha fatto discutere il web, in quanto apparentemente in netta rottura con la tradizione: da un lato il digitale, dall’altro una lotta continua per portare sulle passerelle donne sempre più ‘vere’, lontane dalle costole a vista che si vedevano fino a qualche anno fa. Senza contare il numero considerevole di ragazze che lavorano come modelle, costruiscono una carriera in questo business e potrebbero vedere in pericolo il proprio futuro. Bisogna però tenere in considerazione un aspetto importante: la tecnologia sta permeando la moda in modo sempre più prepotente, diventando qualcosa da cui ormai non possiamo più prescindere. Lo shopping online, il click-and-collect, i camerini virtuali ed i tessuti intelligenti sono solo alcuni esempi di quanto sta accadendo nell’ultimo periodo. Si tratta perciò di uno step naturale, soprattutto per Balmain che sta abbracciando sempre più gli aspetti tecnologici; non bisogna comunque dimenticare che le modelle digitali non cancelleranno quelle reali, ma semplicemente le affiancheranno. Stiamo quindi assistendo ad una sorta di “paura dell’anno mille”, esattamente come era accaduto con l’inserimento degli e-book a discapito della carta stampata, o del negozio online che sembrava sostituire quello fisico. L’ignoto spaventa, ed il pensiero di perdere le classiche modelle fa storcere il naso, ma solo il tempo ci dirà se le nostre paure erano effettivamente giustificate.
Image source: balmain.com; vogue.com