Oggi vi vorrei parlare di un tema ancora poco conosciuto in Italia e che io stessa non avevo mai sentito nominare, prima che a farlo fosse Valeria Trezzi, amica, professionista e anche ex collega! Mi riferisco alla plusdotazione: quanti di voi sanno di che cosa si tratta? Oltre alla novità di questo termine e di questo concetto, che spero sarà interessante per mamme, insegnanti, psicologi e ricercatori in lettura, il valore che ho voluto dare all’intervista che segue è quello di evidenziare un percorso professionale e personale di evoluzione e cambiamento. Valeria Trezzi, psicologa di formazione e ricercatrice di professione, ha saputo mettere a frutto la sua preparazione analitica, combinandola con un’attitudine all’ascolto e con una mente creativa, proprio nel momento in cui la sua vita le chiedeva qualcosa in più. Quel “qualcosa in più” ha la voce di Lucia, sua figlia, una bambina dolce e curiosa di 7 anni, che ho avuto il piacere di conoscere.
Prima di lasciarvi a questa intervista, diversa dalle altre che ho realizzato perché più “scientifica”, vorrei lanciare un appello a tutti coloro che si riconosceranno nelle parole di Valeria: potete contattarla sul suo sito web e su Instagram per condividere assieme la vostra storia!
- Ciao Valeria, come si può definire la plusdotazione?
La plusdotazione è una modalità di pensare, di emozionarsi e di vivere diversa rispetto a quella della maggior parte delle persone. Significa che il cervello delle persone plusdotate ha una modalità di attivazione unica e più marcata rispetto alla media delle altre persone e all’esterno si nota un lavorio mentale perenne, frenetico e quasi impossibile da arrestare. La Plusdotazione è una caratteristica che hanno alcune persone, non è un disturbo o una malattia, quindi non può essere certificata né diagnosticata; ecco perché si parla di valutazione di plusdotazione. Si parla di plusdotazione quando la misurazione del QI (Quoziente Intellettivo, ossia abilità intellettiva generale, misurata con le Scale Wechsler) è maggiore di 130 (la media è 100), ma questo dato numerico non è sufficiente! Nella valutazione che viene svolta dal professionista (psicologo, psicoterapeuta o neuropsichiatra) verranno inserite infatti anche altre valutazioni e osservazioni per completare il quadro, come quelle sul pensiero creativo, sulla capacità di leadership, sull’abilità psicomotoria, sullo sviluppo emotivo. Alcuni elementi da ricordare riguardanti le persone plusdotate:
- provengono da popoli tecnicamente e culturalmente diversi e da tutti i livelli economici
- richiedono di avere un giusto accesso a opportunità di apprendimento appropriate per realizzare il proprio potenziale
- possono avere disturbi dell’apprendimento e di elaborazione che richiedono un intervento e un supporto specializzato
- hanno bisogno di supporto e guida per garantire uno sviluppo sociale ed emotivo, nonché delle loro aree di talento
- richiedono servizi diversificati in base alle loro mutevoli esigenze
- Come hai intrapreso questa ricerca e con quali strumenti?
Io sono psicologa con un master in ricerca qualitativa, ma nasco nel mondo della ricerca di neuromarketing di cui mi sono occupata dal 2009 ad oggi, quindi, dal mio punto di vista, il mondo della ricerca è la chiave per spiegare e per comprendere il mondo della Plusdotazione. La forma mentis della ricercatrice fa parte di me e questo bagaglio culturale cerco di portarlo nei contenuti che creo per i blog, per Instagram… perché non si può pensare di basarci su credenze o miti, ma sono i dati della Ricerca Scientifica quelli che possono guidare davvero verso la conoscenza di un argomento. Quindi, dopo la valutazione di plusdotazione di mia figlia, ho cominciato a informarmi tramite letture di articoli scientifici, libri di docenti universitari sia per psicologi e insegnanti che per genitori, a seguire corsi di formazione.
- Vivere con una bambina plusdotata ha modificato il tuo modo di leggere ciò che ti circonda e di vivere gli eventi quotidiani?
Assolutamente sì, perché la partecipazione ad alcuni eventi è influenzata dalle caratteristiche di mia figlia: per esempio la sua sensibilità ai rumori troppo forti o agli odori persistenti implica che alcune situazioni non possono essere vissute al 100% e che bisogna trovare delle soluzioni pratiche per evitare che lei stia male e vada in sovraccarico. Oppure delle attività routinarie che per lei sono noiose, come lavarsi i denti, necessitano di invenzioni fantasiose e creative per mantenere la sua attenzione su quel compito che è certamente ripetitivo, ma necessario e fondamentale. Mi sono accorta inoltre che la scuola non è preparata ad affrontare una diversità di questo tipo, cioè, se gli insegnanti sono piuttosto preparati su quelli che sono, ad esempio, i disturbi dell’apprendimento e conoscono le strategie pratiche da utilizzare con questi bambini, la stessa cosa non succede nel caso della Plusdotazione.
- Che cultura esiste oggi attorno al mondo della plusdotazione?
Purtroppo la plusdotazione non è particolarmente conosciuta, soprattutto in Italia, e quando se ne parla fuori dall’ambito accademico l’informazione avviene in modo poco preciso e anche dando notizie scorrette. Ad esempio, sui quotidiani e sulle riviste si parla dei bambini e dei ragazzi Plusdotati come se fossero dei piccoli geni, ma non è così: questa è una distorsione e una edulcorazione della realtà. Inoltre fa percepire le persone plusdotate come degli extraterrestri, degli estranei. In Italia ci sono alcuni centri universitari che si occupano di plusdotazione oltre a diverse associazioni (prevalentemente fondate da genitori di plusdotati) che fanno formazione e divulgazione su questo tema, tuttavia non sono particolarmente conosciuti fuori dalla cerchia della plusdotazione stessa e spesso i bambini e i ragazzi arrivano alla valutazione di plusdotazione perché i genitori o gli insegnanti pensano che quelle loro caratteristiche siano sintomo di un disturbo, quindi vengono inviati ai professionisti che facendo vari test segnalano la plusdotazione e in alcuni casi confermano anche la presenza in parallelo di un disturbo (es. ADHD, DSA…). Il fatto che non ci sia una cultura di base sulla Plusdotazione implica che lo studente plusdotato (soprattutto se non ancora valutato) sia percepito come un elemento dissonante all’interno di una classe e questo genera nel bambino una sensazione di estraneità (in barba a tutte le belle parole sull’inclusione). Ecco perché ho deciso di dedicare parte del mio tempo a fare divulgazione e cultura sul tema della Plusdotazione: dal mio punto di vista è necessario parlare di questo argomento in modo semplice, ma corretto basandomi cioè sui dati provenienti dalle ricerche scientifiche. Solo in questo modo è possibile informare in modo onesto un pubblico sempre più ampio di persone (dai genitori, agli insegnanti, agli educatori…). Solo quando la Plusdotazione sarà conosciuta e compresa dagli insegnanti e dagli educatori nei suoi punti di forza così come in quelli di debolezza sarà possibile strutturare degli interventi su misura e personalizzati per quel bambino/a. Per fare cultura e divulgazione sul tema della plusdotazione ho pensato ad esempio ad alcune attività gratuite:
- una newsletter per genitori, insegnanti, educatori
- webinar gratuiti sul tema della plusdotazione tenuti da me e in collaborazione con altri professionisti
- un podcast con interviste ai genitori di studenti e studentesse plusdotati/e per imparare da casi reali e rispecchiarsi nelle esperienze altrui
- Quanto coraggio ci è voluto a cambiare vita e ad adattare il tuo percorso professionale a ciò che stai vivendo attraverso gli occhi di Lucia?
Cambiare vita è stato un passaggio fatto dopo molti mesi di fatica durante i quali non vedevo una via d’uscita. Avevo un buon lavoro, ma non mi soddisfaceva più e dall’altra parte vedevo mia figlia soffrire perché l’ambiente scolastico non era in grado di accoglierla. Mi sono chiesta come risolvere questa situazione di impasse e ho trovato la risposta in un percorso di crescita personale. Prima di decidere di fare il salto nella libera professione ho fatto un percorso di coaching e una volta terminato quello mi sono buttata e ho seguito il mio intuito che mi diceva che ero sulla strada giusta, perché avrei potuto lavorare su un progetto totalmente mio, senza pressioni provenienti dall’essere dipendente, inserendo tutte le competenze tecniche e umane che avevo accumulato negli anni. So che è la strada giusta perché sono contenta e serena da quando è iniziato questo progetto, perché mi diverto, perché mi prendo meno sul serio e dò il giusto valore e il giusto peso alle attività che svolgo durante la giornata. Da quando ho cominciato questo progetto anche il rapporto con mia figlia è cambiato perché ho la mente più libera quando sto con lei e riesco a godermi appieno i momenti in famiglia. Per il mio nuovo percorso professionale, nella pianificazione del business e della comunicazione, sono stata e sono tuttora seguita e supportata da una business coach (Federica Ometti) e da un’azienda che si occupa di marketing e comunicazione (Lofacciodigital) perché da sola non posso fare tutto e affidarmi a delle professioniste e farmi aiutare nella crescita è il modo migliore per continuare a camminare anche quando ci sono i momenti di difficoltà, anche quando non so bene dove andare, quale strada prendere, quale paletti mettere nella mia vita professionale e personale. Il percorso che ho attivato con loro è un percorso che mi ha dato la spinta iniziale e che mi sta insegnando a camminare sulle mie gambe, a essere autonoma (anche nei dettagli pratici!).
Grazie Valeria, per essere un esempio di apertura mentale e per accogliere il cambiamento con saggezza e con disponibilità a mettersi in gioco!