Spesso riconoscere di aver bisogno di un supporto psicologico è difficile, fa paura! La nostra società sostiene l’immagine dell’individuo forte e autosufficiente, non lascia spazio alle debolezze personali, quasi “condanna” chi chiede aiuto. Tuttavia, l’aiuto da parte di un professionista, soprattutto in determinate fasi della nostra vita legate al cambiamento, non è da considerare come una debolezza, né qualcosa di cui vergognarsi: al contrario, è sintomo di intelligenza emotiva e attitudine all’ascolto di se stessi. Abbiamo parlato con le Dott.sse Silvia e Serena, psicologhe di Altrafase, per andare a fondo della dinamica riguardante il cambiamento, sia perché l’argomento ci interessa molto, sia per allontanare qualsiasi tabù o ostracismo sul tema del supporto psicologico.
- Il cambiamento fa parte di tutte le fasi della nostra vita, eppure non smette di farci paura. Perché ne siamo tendenzialmente così spaventati?
Cambiare significa assumersi la responsabilità di una scelta e scegliere tra le alternative possibili spesso incute dubbi e timori circa la possibilità di intraprendere la strada “giusta”. Inoltre il cambiamento impone per forza la perdita di qualcosa, uno stato di benessere precedente a cui siamo legati emotivamente. L’individuo fatica, qualcuno in particolar modo, a lasciare andare una condizione precedente per affrontare l’incerto e per sperimentare l’adeguatezza della scelta effettuata.
- Quanto è importante un sostegno psicologico nelle principali fasi di transizione della vita?
Come fasi di transizione intendiamo i momenti in cui l’individuo nell’arco del ciclo di vita affronta dei cambiamenti significativi che mettono in dubbio le nostre sicurezze, la nostra identità e il nostro ruolo all’interno della società. Alcuni esempi di fasi di transizione, che coinvolgono la gran parte delle persone, possono essere: l’ingresso nella vita scolastica, l’adolescenza, l’inserimento nel mondo del lavoro, la terza età… In queste situazioni il supporto psicologico accompagna l’individuo verso una maggiore consapevolezza di sé e delle sue risorse, ad accettare le proprie emozioni e a connettersi con i propri desideri, al fine di vivere una vita completa e soddisfacente.
- Avere una precisa identità professionale è oggi fondamentale: come fare a capire la propria strada e a differenziarsi?
Il primo step è avere una buona consapevolezza dei propri interessi, valori, motivazioni, capacità e limiti, quindi avere un’idea sufficientemente chiara di sé. Questo aiuterà a reagire alle situazioni critiche che il mondo del lavoro oggi quotidianamente ci presenta. Il contesto lavorativo premia le persone motivate, autoconsapevoli e che credono nel loro progetto professionale: solo così si possono mettere le basi per costruire una solida identità professionale. Puntiamo quindi ad acquisire hard skills specifiche, ma solo queste non bastano: le soft skills sono un elemento chiave per differenziarsi e mettere in evidenza i nostri punti di forza.
- Quanto contano i social nella definizione della nostra immagine personale e professionale?
Oggi è fondamentale imparare a integrare i canali off-line e on-line facendo sì che ci sia sinergia tra il modo di presentarsi dentro e fuori dal contesto virtuale. Controllare come appariamo nei social, sia quelli a uso personale che quelli professionali, ci aiuta a capire l’immagine che il mondo digitale ha di noi e quindi dobbiamo considerarlo il nostro “bigliettino da visita”. Avere un piano di Personal Branding ben curato e focalizzato sui nostri obiettivi ci aiuterà ad avere un’identità digitale solida e coerente per presentarci al meglio al mercato del lavoro.
- Quali accorgimenti si possono mettere quotidianamente in atto per rendere il nostro IO più flessibile e permeabile a ciò che ci circonda?
Sicuramente un percorso psicologico individuale aiuta la persona a sviluppare capacità di adattamento, ad affrontare i momenti di “crisi” e a scegliere la propria strada in modo più consapevole. Consideriamo che il mondo di oggi è in continuo mutamento e ci fa vivere con un piede sull’acceleratore, questo non ci permette di prenderci il tempo per fermarci, riflettere e ascoltarci. Capiamo che queste ultime sono attività “scomode”, a cui difficilmente siamo abituati, ma la loro utilità “non è passata di moda”: occorre assumersi il coraggio di scoprire anche gli angoli più bui del nostro IO per ritrovare il piacere di vivere.
Grazie Serena e Silvia, speriamo che con il vostro contributo professionale siamo riuscite ad aiutare le nostre lettrici che non hanno il coraggio di chiedere supporto!