Colette è rimorta, parola che non esiste da nessuna parte. Non esiste il termine “rimorire”. Eppure a Colette, una delle protagoniste del nuovo romanzo di Valérie Perrin, intitolato Tatà ed edito da e/o, accade. Dopo tre anni dal suo funerale e dalla sua sepoltura, Colette rimuore. Ad accogliere la notizia di questo secondo decesso, la nipote Agnès, vera e propria protagonista della storia, oltre che voce narrante. Del resto chi conosce Valérie Perrin, autrice francese diventata celebre in tutto il mondo col suo primo romanzo, Cambiare l’acqua ai fiori, sa che questa scrittrice ama giocare con la morte. Nei suoi libri la morte non coincide mai con la fine, ma dà sempre spunto per un nuovo inizio, una nuova storia. Questo accade anche in Tatà.
La storia di Tatà inizia con una telefonata incredibile. Agnès alza il telefono e scopre che Colette, la zia che credeva morta da tre anni, in realtà è appena deceduta. A comunicarglielo la gendarmeria di Gueugnon, paese dove la donna viveva, dove Agnés ha passato tutte le estati della sua infanzia, e dove c’è una tomba che riporta il nome Colette Septembre.
Agnés è la parente più prossima di Colette e quindi tocca a lei riconoscere il cadavere. Non ci sono dubbio, quello è il corpo della zia. Da qui parte un’indagine a ritroso, per capire chi in realtà è stato sepolto tre anni prima e come mai Colette si è finta morta per tutto quel tempo, tagliando completamente i ponti col mondo esterno. Questa indagine diventa anche un’occasione per Agnès di affrontare i propri dolori recenti (la separazione dal marito) e di riallacciare i rapporti con gli amici di infanzia, che ha lasciato a Gueugnon per intraprendere una brillante carriera da regista.
Valérie Perrin è un’abile affabulatrice. Credo che conosca molto bene il proprio pubblico e a distanza di sei anni ha dato ai lettori un libro intrigante, che però ha una struttura narrativa molto simile a Cambiare l’acqua ai fiori. Valérie Perrin è il nostro usato garantito: penna abile, scrittura limpida e agevole, storie lunghe e aggrovigliate, che tengono il lettore legato alle pagine. I personaggi e le storie raccontate in Tatà sono infinite: nomi del presente e nomi del passato che si intrecciano tra loro.
Parigi, Gueugnon, Lione, Los Angeles. E poi un circo, un abile assassino, un predatore sessuale. Forse un po’ troppo? Credo che il bravo scrittore sia quello che riesce a lavorare per sottrazione e non per addizione. Tatà resta comunque un libro che si legge con leggerezza e piacere, purtroppo però nulla di nuovo sul fronte Perrin. Chissà cosa ci riserverà il prossimo romanzo.
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