Piange, senza fermarsi. Piange per tutto ciò che è stato, per tutto ciò che sarebbe potuto diventare, per tutte le ferite che ha subito, per tutta la felicità che ha provato; piange per la vergogna e la gioia di poter essere finalmente un bambino, con tutto il corredo di capricci, insicurezze e bisogni; piange per il privilegio di potersi comportare ed essere perdonato; piange per il lusso di sentirsi ricoperto di affetto e di attenzioni, di vedersi servire un pranzo ed essere costretto a mangiarlo; piange perché finalmente, dopo una vita intera, riesce a credere alle rassicurazioni di un genitore, a convincersi di essere una persona speciale ai suoi occhi, nonostante tutti i suoi errori e i suoi atteggiamenti odiosi, anzi, proprio per quelli.
A essere squassato da questo pianto catartico è il corpo di Jude, il protagonista di Una vita come tante, romanzo dell’autrice Hanya Yanagihara, pubblicato da Sellerio. Una vita come tante non è un romanzo recente. In Italia uscì nel 2016. Ci ho messo ben cinque anni a decidermi a prenderlo in mano. Ero spaventata dalla mole (sono 1090 pagine) e dai racconti di chi lo aveva letto (prepara i fazzoletti, mi dicevano). Fino a che è diventato un tormentone. Tantissimi book influencer ne hanno parlato nell’ultimo anno, intessendone le lodi. Ho deciso di vederci chiaro, anche se sono sempre diffidente nei confronti dei libri osannati. Ebbene: avrei dovuto leggerlo cinque anni fa, essendo uno dei più grandi capolavori della narrativa contemporanea! Racconta la storia di quattro amici: Willem, JB, Malcome e Jude, che si conoscono dai tempi del college. Personaggi eclettici, audaci, pieni di estro, che nella vita sognano di raggiungere il successo. Willem vuole diventare un attore, JB un artista, Malcome un architetto e Jude… ecco Jude è l’enigma del gruppo. Sempre in disparte, è come se vivesse nell’ombra. Sappiamo che ha una mente eccelsa, che studia giurisprudenza, che è un talento nella matematica.
Ma sappiamo anche che, nel suo passato, c’è un evento traumatico, che zoppica, che non scopre mai le braccia. La prima parte di Una vita come tante è dedicata alla conoscenza degli amici di Jude. Solo nella seconda parla, lentamente, verremo a conoscenza di cos’è stato il passato del nostro protagonista. Così la storia narrata assumerà tinte violente, dolorose, autolesioniste. Ma questo non è solo un racconto di sofferenza. La vita di Jude è divisa da una sorta di spartiacque, dopo il dolore, arrivano l’amicizia, l’amore, il successo. Anche se il buio è sempre dietro l’angolo, pronto ad afferrarlo. Se leggerete Una vita come tante, ad un certo punto, ci verrà spontaneo domandarvi perché tanto dolore, o almeno a me è successo. Sono quindi andata alla ricerca di recensioni e di interviste a Hanya Yanagihara, e ho scoperto che era proprio una volontà della scrittrice, quella di accentuare la sofferenza, di racchiudere in un unico personaggio tutto quello che un uomo può (o non può) sopportare. È un libro difficile da consigliare, nel senso che sai che stai augurando al lettore di immergersi in una storia veramente dura. Ma Jude vi accompagnerà, diventerà un vostro amico e non potrete non affezionarvi a lui!
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